Cassazione quinta sezione tributaria, Ordinanza num. 22758 del 12 agosto 2021

Riscossione delle imposte – Riscossione delle imposte sui redditi (Disciplina posteriore alla riforma tributaria del 1972) – Modalità di riscossione – Riscossione mediante ruoli – Iscrizione a ruolo – Cartella di pagamento – Notifica a mezzo PEC – Cartella di pagamento con estensione PDF – Validità – Fondamento.

La Cassazione quinta sezione tributaria, con Ordinanza num. 22758 del 12 agosto 2021 (1), in perfetta linea con quanto sostenuto dalla Procura generale presso la Corte di cassazione (2), ha escluso che alla notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento dovesse accompagnarsi necessariamente un file con estensione “.p7m”.

In linea con la decisione deve ricordarsi che la Suprema Corte, nell’ordinanza n. 30948 del 2019 ha affermato che “Com’è noto, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, come aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 38, comma 4, lett. b), convertito con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che la notifica della cartella di pagamento “può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, 2 di 6, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149-bis c.p.c.”. A sua volta il D.P.R. n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. Il CAD, art. 1, lett. i-ter) – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre il medesimo CAD, art. 1, lett. i-quinquies), inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”. Dunque, alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)”. Nel caso esaminato dalla Corte nella predetta ordinanza il concessionario della riscossione aveva “provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta”.

La Corte, sulla base della predetta normativa ha escluso la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, “per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico”.

A tal riguardo deve anche ricordarsi l’insegnamento nomofilattico (Cass., Sez. U., n. 10266 del 2018) secondo cui “In tema di processo telematico, a norma del D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 12, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 – Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig., art. 19 bis, commi 2 e 4”.

Come condivisibilmente affermato da Cass. n. 6417 del 2019, “tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig., art. 19 bis, commi 2 e 4 (Cass. 27 aprile 2018, n. 10266), dovendosi altresì tenere conto che è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile”, sicchè non vi è ragione per non estendere anche alla cartella di pagamento l’applicazione di tale principio.

Se a ciò si aggiunge che “In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” (Cass. n. 30948 del 2019), allora è ben evidente l’erroneità della statuizione d’appello che ritiene necessaria una comunicazione pec con estensione “.p7m” del file in quanto solo in tal modo verrebbe attestata la certificazione della sottoscrizione.

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