FOCUS DI APPROFONDIMENTO DOPO LA PRONUNCIA DELLE SEZIONI UNITE SUI LIMITI DI OPERATIVITA’ DELL’ART. 1284 COMMA 4 C.C.

IL QUESITO E’ NOTO: COME SI CALCOLANO GLI INTERESSI NEL PRECETTO QUANDO IL TITOLO ESECUTIVO GIUDIZIALE DI CONDANNA SI LIMITA  PREVEDERE LA CORRESPONSIONE DEGLI INTERESSI LEGALI SUL CAPITALE?

Si è già precisato che, per dare un risposta a tale quesito, occorre distinguere i titoli giudiziali formati a seguito di giudizio cui non era applicabile, ratione temporis, l’art. 1284 comma 4 c.c. dai titoli giudiziali celebrati nella vigenza dell’art. 1284 comma 4 c.c.. 

Gli orientamenti giurisprudenziali relativi alla prima ipotesi (quando l’art. 1284 comma 4 c.c. non era ratione temporis applicabile) sono stati riassunti nei seguenti termini:  

  • se il titolo esecutivo si limita a disporre che gli interessi dovuti sono quelli previsti dalla legge deve presumersi che quel titolo abbia fatto riferimento agli interessi di cui all’art. 1284 co. 1 c.c. (Cass. 23846 del 2023); 
  • gli interessi sono dovuti nella misura prevista dal d.lgs. n. 231 del 2002 solo quando tale ultima previsione di legge sia stata espressamente richiamata dal titolo esecutivo; 
  • ove gli interessi siano stati fissati dal titolo esecutivo di formazione giudiziale richiamando una speciale disposizione di legge essi debbono essere computati facendo esclusivo riferimento al testo normativo cui il titolo ha fatto rinvio (Cass. 14234 del 2023; Cass. n. 8128 del 2020; Cass. 14911 del 2019); 
  • il giudice dell’opposizione all’esecuzione non può procedere ad una integrazione e/o correzione del titolo esecutivo al fine di applicare interessi legali diversi da quelli previsti dal citato art. 1284 comma 1 c.c.; ciò in quanto tutti gli interessi diversi da quelli previsti dall’art. 1284 comma 1 c.c. non maturano automaticamente ma occorre che il giudice di merito accerti gli elementi costitutivi della relativa fattispecie speciale; 
  • il creditore che non abbia ottenuto la esplicitazione di una condanna al pagamento di interessi legali (previsti dal d.lgs. n. 231 del 2002 o da altra legge speciale) diversi da quelli contemplati dall’art. 1284 comma 1 c.c., deve impugnare la sentenza in quanto quest’ultima non è suscettibile di integrazione, interpretazione o correzione in sede esecutiva (Cass. n. 22457 del 2017; Cass. n. 1942 del 2023). 

In sostanza, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, quando l’art. 1284, comma 4, c.c. non era ancora vigente, gli interessi legali “genericamente indicati” dal titolo esecutivo giudiziale di condanna non potevano che essere computati ai sensi dell’art. 1284, comma 1, c.c..

Muovendo da tali premesse, si è, pertanto, concluso affermando che, quando il creditore dispone di un titolo esecutivo giudiziale emanato nell’ambito di un giudizio cui non era applicabile l’art. 1284, comma 4, c.c. che reca la condanna al pagamento di interessi legali,  egli non potrà pretenderli in misura superiore al tasso previsto dall’art. 1284 comma 1 c.c..

Si è, invece, rammentato come i termini della problematica siano diversi nella vigenza dell’art. 1284 comma 4 c.c.. 

Entrato in vigore il comma 4 dell’art. 1284 c.c., sono state prospettate due possibili tesi.

Si è sottolineato che, ove l’art. 1284, comma 4, c.c. dovesse considerarsi disposizione di carattere generale che regola la misura degli interessi per così dire processuali che maturano sul capitale a far data dalla domanda giudiziale, indipendentemente dal fatto che l’obbligazione presupposta abbia natura contrattuale o extracontrattuale, sarebbe legittimo sostenere  che, dinanzi ad una condanna al pagamento di interessi legali, tali interessi possano essere computati, a decorrere dalla data di instaurazione del giudizio, al tasso maggiorato previsto per le transazioni commerciali. In sostanza, la natura generale della disposizione cui si è fatto cenno consentirebbe di presumere che la condanna al pagamento degli interessi legali sia riferibile all’art. 1284, comma 1, c.c. sino alla domanda giudiziale e all’art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale al momento del pagamento.

Si è, però, parimenti sottolineato come, al contrario,  non sarebbe peregrino affermare che l’art. 1284 comma 4 c.c. abbia un ambito applicativo (ad esempio perché è applicabile ai soli rapporti che siano geneticamente riconducibili ad un  contratto) e che, conseguentemente, non può presumersi che gli interessi legali, a far data dalla domanda giudiziale, siano quelli dell’art. 1284, comma 4, c.c..

LA RISPOSTA DELLE SEZIONI UNITE.

La Cassazione a Sezioni Unite (il riferimento è alla sentenza del 7 maggio 2024, n. 12449) ha optato per la soluzione  restrittiva.

Nell’occasione, la Suprema Corte, rinunciando a chiarire se l’art. 1284 comma 4 c.c. sia una disposizione di applicazione generale che opera in presenza di controversie riconducibili a obbligazioni contrattuali, extracontrattuali o di lavoro (il riferimento è ai titoli formati nell’ambito dei rapporti menzionati dall’art. 429 c.p.c.) o se piuttosto detta disposizione abbia un perimetro di operatività ridotto, si è limitata ad affermare che:

  • spetta al giudice di merito chiarire, caso per caso, se al creditore, a decorrere dalla proposizione della domanda giudiziale,  spettano i cd. “superinteressi” previsti dall’art. 1284 comma 4 c.c.;
  • la statuizione sul punto, invero, non presuppone un mero automatismo ma implica accertamenti da compiersi tenendo conto delle peculiarità della controversia.

Da quanto precede possono, dunque, ricavarsi le conseguenze di seguito specificate:

quando il titolo giudiziale condanna il debitore al pagamento del capitale, oltre interessi legali genericamente intesi, nell’atto di precetto possono  essere computati i soli interessi previsti dall’art. 1284 comma 1 c.c.;

quando il giudice del merito condanna il debitore al pagamento del capitale, oltre interessi legali genericamente intesi, il creditore deve impugnare quella pronuncia ove intenda sostenere che, a far data dalla domanda giudiziale, aveva diritto ad ottenere i cd. “superinteressi”, previsti dall’art. 1284, comma 4, c.c.;

ove il creditore dovesse optare per la impugnazione del titolo giudiziale conseguito dovrà valutare se la controversia definita legittimava il giudice del merito a riconoscere i cd. “superinteressi”. La Suprema Corte ha, infatti, rinunciato a risolvere il contrasto interpretativo sull’ambito applicativo dell’art. 1284 comma 4 c.c. (cfr. requisitorie della Procura Generale).

Sentenza sul rinvio pregiudiziale 16260 del 2023

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