Cass. Sezioni Unite n. 8557 del 27 marzo 2023

Diritto del titolare di nuda prelazione sui beni del fallito acquisiti alla massa fallimentare a soddisfarsi sui predetti beni – superfluità della domanda di ammissione al passivo – necessità di un intervento recante la richiesta di partecipare al riparto delle somme rinvenienti dalla liquidazione fallimentare.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8557 del 27 marzo 2023 (1), ha affrontato una questione di rilievo nomofilattico che si estrinseca nel seguente quesito:

il creditore ipotecario che, senza essere creditore del fallito, è titolare di una causa di prelazione avente ad oggetto i beni di quest’ultimo, per potersi soddisfare sul ricavato della liquidazione del bene gravato dalla citata causa di prelazione deve ottenere l’accertamento del proprio diritto reale di garanzia, oltre che del credito vantato nei confronti del debitore, nell’ambito del procedimento di verificazione del passivo disciplinato dal capo V del titolo II della legge fallimentare, oppure può limitarsi a spiegare intervento nella procedura concorsuale chiedendo la distribuzione a suo favore di quanto gli spetta?

La risposta delle Sezioni Unite (1) è stata la seguente:

i creditori titolari di un diritto di ipoteca sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento.

I predetti creditori possono, però, intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati.

Con tale arresto la Suprema Corte rammenta, però, che la necessità di proporre la domanda di verificazione del passivo si imporrà ai citati  creditori titolari di nuda prelazione per le procedure regolate dal Codice della Crisi di Impresa, giusta il disposto dell’art. 216 che impone espressamente l’espletamento di tale incombente.

La soluzione adottata dalla giurisprudenza di legittimità conferma l’orientamento ormai pressochè consolidato della Prima Sezione della Corte di Cassazione (isolato un precedente di segno contrario) ma si pone ancora una volta in controtendenza rispetto alle soluzioni interpretative suggerite dalla dottrina.

I principi di diritto espressamente elaborati dalla Suprema Corte possono riassumersi nei termini di seguito indicati:

«I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento.

«I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati.

«Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell’art. 110, comma 3, l. fall.. «Il reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito.

«Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare»

La Procura generale della Corte di cassazione aveva depositato requisitoria (2) che si allega optando per la soluzione contraria per tutte le ragioni ampiamente illustrate nella memoria.

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